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Psicologia Relazionale Integrata

Psicologia relazionale integrataIl mio approccio alla terapia psicologica è Integrato e Centrato sulla Relazione
tra l’uomo (come sistema biologico complesso) con sé stesso e con il suo ambiente (inteso come affetti, contesti e società) ed integra varie teorie: teoria psicodinamica, psicoanalisi relazionale, teoria dell’attaccamento, teoria sistemico-relazionale, neuroscienze affettive, teoria cognitivo-comportamentale di terza generazione (centrata sulle Emozioni e la Consapevolezza).

In psicologia, con il termine integrazione s’intende: “il tentativo di oltrepassare i confini di ogni singolo approccio per comprendere cosa può essere appreso da altre prospettive” (Stricker,1994).

L’approccio integrato, nasce per rispondere alla percezione di inadeguatezza da parte dello
psicologo e dell’utente, dei singoli orientamenti alla terapia psicologica e del dogmatismo con il
quale vengono presentati e attuati.
L’obiettivo che la ricerca sull’integrazione in psicoterapia si pone, è quello di riuscire a colmare i
limiti e le lacune che i differenti orientamenti possono presentare, mirando ad individuare i fattori
che rendono efficace una terapia psicologica e che possono essere accomunati a tutti gli
orientamenti esistenti. (terapie evidence based).

L’integrazione teorica è una GESTALT ovvero una “struttura ex-novo” e non la semplice somma
dei vari approcci (integrazione assimilativa).
La psicologia relazionale integrata è un approccio umanistico, che pone in rilievo gli aspetti
relazionali del processo terapeutico in un setting più simmetrico rogersiano “centrato sulla
persona”.

Secondo Rogers, l’individuo che si rivolge allo psicologo clinico, deve essere considerato un
“soggetto” attivo, dotato di valore e perfettamente in grado (con gli strumenti adeguati) di ristabilire
in modo autonomo il suo equilibrio e recuperare un livello di funzionamento adeguato, piuttosto
che “subire” il trattamento del clinico in modo passivo.
Psicologo e paziente sono persone con differenti livelli di complessità e con pari diritti, consapevoli
tuttavia, dei confini e della differenza di ruolo che una relazione terapeutica implica.

Il terapeuta non si focalizza solo sull’altro in quanto “malato”, ma anche su se stesso, sulle sue
reazioni, sul suo contro-transfert e in tal senso la relazione terapeutica è un dialogo tra due
persone, che mira al raggiungimento di una consapevolezza emotiva e di una maggiore
complessità umana, abbandonando ogni tentativo di schematizzarla in ruoli rigidi e schemi
prefissati.

La terapia psicologica non è un’attività rigida, ossia non è possibile stabilire una prassi che vada
per tutti.
Per questo motivo l’approccio basato sulla relazione è soprattutto “soggettivo”: nella prima fase di
conoscenza e analisi della domanda, mi concentro sull’intuire quale possa essere il percorso più
idoneo per lui/lei.
In tal senso la diagnosi è un dialogo giornaliero e continuo, sia della condizione in cui la persona
si trova in quel momento, sia di quella che acquisisce lungo il percorso.

Uno degli elementi focali nel successo di una terapia psicologica è certamente la “compliance” o
“alleanza terapeutica”.

La personalità si forma in un contesto di “intersoggettività” ossia di relazioni.
Per questo la sofferenza può essere vista come la memoria emotiva di schemi di relazione
disfunzionali (modelli operativi interni) che ci fa mettere in atto dei pattern di comportamento
disadattivi e rigidi e in tal senso la relazione terapeutica, può costituire un nuovo “modeling” ossia 
un nuovo imprinting di relazione più sano e funzionale, che potremmo definire “rigenitorializzante”
(re-parenting).

La relazione terapeutica se riesce a SUPERARE LE RESISTENZE DEL PAZIENTE riesce a
determinare le condizioni favorevoli al cambiamento – inteso neuroplasticità ovvero la creazione di
nuove tracce sinaptiche. Gli apprendimenti più efficaci e duraturi sono quelli che avvengono in un contesto di relazione percepito come “sicuro” e passano attraverso il canale emotivo, all’interno del quale vengono
definiti dei confini, dove entrambi possono sperimentarsi senza sentirsi in pericolo.

La percezione di sicurezza all’interno della relazionale terapeutica, è un tema importante descritto
in maniera egregia dalla teoria polivagale di Stephen Porges.

La relazione terapeutica sana e sicura, permette alla persona di aumentare i suoi livelli di
complessità sinpatica, di attivare o riattivare tutti quei sistemi che sono connessi sia allo stato di
attività che di riposo del SNC.

La conoscenza dei processi neurobiologici presenti nelle relazioni è stata approfondita dalle
ricerche sui sistemi neuronali a specchio, che possono essere considerati come la base dei
processi di relazione basati sull’empatia all’interno di schemi e sequenza motivazionali basati sui
sistemi di percezione e affettivi. (Università di Parma – Giacomo Rizzolatti Luciano Fadiga,
Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe di Pellegrino).

La riuscita di una terapia psicologica dipende da molti fattori, tra cui la competenza e la personalità
del terapeuta, ma anche dal grado di RESILIENZA della persona che si rivolge allo psicologo.
La resilienza – al contrario di ciò che si crede – non è solo innata, ma si apprende.
È necessario rendersi consapevoli dei propri limiti e potenzialità, trovare un equilibrio e imparare a
reagire in modo costruttivo agli eventi stressanti e per questo occorre che il cambiamento sia
desiderato e ricercato in modo attivo e partecipe.

Nel mio lavoro cerco di costruire uno spazio sicuro all’interno del quale sia possibile far riemergere
vissuti emotivi disturbanti, che spesso facciamo difficoltà ad integrare nel momento presente.
Nel colloquio clinico, ove opportuno e possibile e chiaramente non lesivo per la persona, utilizzo
anche tecniche provocative.

Usare l’ironia, il paradosso e l’umorismo in terapia è un approccio sperimentato dal Prof.
Frank.Farrelly; lui ritiene che una risata faccia bene a tutti, perché abbassa i livelli di ansia e
aggressività e permette di toccare insieme al paziente aspetti spinosi e dolorosi senza però
danneggiarlo.

Riferimenti teorici:

  • Teoria Psicodinamica di Sigmund Freud
  • Teoria clinica psicoanalitica di Otto Kernberg.
  • Teoria delle Relazioni Oggettuali – Melanie Klein – W. Fairbarn, D. Winnicott.
  • Teoria dell’attaccamento di Bowlby.
  • Teoria Umanistica, centrata sul cliente – Carl Rogers.
  • Infant Research: D. Stern, B. Beebe, F. M. Lachmann, Ed. Tronick, Louis Sander
  • Teoria Polivagale di Stephen Porges.
  • Teoria Evoluzionista di Jaak Panksepp
  • Teoria Psicoanalitica di Nancy Mc Williams
  • Teoria dei Neuroni Specchio di Rizzolatti, Fadiga, Gallese, Pellegrino.
  • Teoria Sistemico Relazionale – Paul Watzlawick e Gregory Bateson
  • Teoria della Psicoanalisi Relazionale di Mitchell e Broomberg.
  • Terapia Provocativa di Frank Farrelly