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Il CPTS-D nelle relazioni di coppia.
Le relazioni sono tutte difficili, soprattutto quando passano gli anni, la strutturazione della nostra
personalità si fa sempre più definita, anche sulla base di come abbiamo elaborato le precedenti
esperienze o di quanto lavoro abbiamo fatto su noi stessi, sia sugli schemi di relazione dell’infanzia
che sulla nostra vita adulta.
In questo panorama il DPTS-C (C-PTSD) Disturbo Post Traumatico da Stress Complesso può
influire sulla qualità delle relazioni che viviamo o semplicemente può portarci ad un tale livello di
diffidenza e paura verso l’altro di impedirci di viverle.

È per questo che io insisto molto coi miei pazienti sul proseguire la terapia anche dopo la fine di
una relazione o quando “il problema col partner è risolto” perché è proprio quando sparisce
l’esigenza urgente di “tamponare” la ferita che si lavora su una migliore cicatrizzazione.
Non vuol dire che le terapie devono essere infinite, ma debbono anche prevedere delle traiettorie
evolutive e non solo limitarsi al presente o al passato. È per questo che affidarsi a persone poco
preparate può essere pericoloso in questo ambito: trauma, affettività, dipendenza affettiva e
relazioni di co-dipendenza.

stress post-traumatico complesso

Il disturbo da stress post-traumatico complesso, in inglese Complex PTSD (C-PTSD), è un
disturbo psichico che si presenta in individui che hanno sofferto una serie di eventi traumatici in
contesto senza o con poche possibilità di via di fuga. Ne risulta che l’evento di natura traumatica è
spesso prolungato o ripetuto.
Le persone affette sono solitamente vittime di abuso sessuale, fisico o psicologico cronico (come
nel caso delle vittime di abuso domestico e dei prigionieri di guerra). La diagnosi di disturbo da
stress post-traumatico complesso può essere eseguita in bambini e adulti vulnerabili
emotivamente e contiene in sé la sintomatologia del disturbo da stress post-traumatico. Fa però
riferimento ad un quadro più complesso in cui figurano anche sintomi di disregolazione emotiva,
sensi di colpa o vergogna. (Fonte wikipedia).
Comprendiamo quindi come il DPTS-C derivi dall’esposizione continua e ripetuta a eventi
traumatici di entità variabile, spesso non visibili, di stampo emotivo- relazionale, ma che nella
loro incessante ripetitività determinano lo strutturarsi di uno “schema traumatico”
attraverso il quale poi la persona osserverà il mondo. Cosa succede cioè quando IL
TRAUMA è la tua quotidianità e non un evento isolato? (Dottoressa Silvia Michelini).
L’abuso cioè, può essere sia fisico, che emotivo e psicologico e può essere un evento isolato o
una costante che sperimentiamo proprio in contesti dove invece dovremmo sentirci protetti: CASA
E SCUOLA.

Cosa succede se poi certe dinamiche che viviamo a casa le rivediamo a scuola? Pensiamo che è
giusto cosi e che siamo noi quelli “strani” o “sbagliati”.
Ecco perché con questo “starter pack” come dico io in terapia è difficile avere degli strumenti per
vivere una vita di relazione stabile, soprattutto quando la società segue o rinforza gli schemi di
relazione disfunzionali basati sulla competizione, l’egoismo, il piacere effimero momentaneo, la
prevaricazione, l’individualismo e lo sfruttamento.

C’è bisogno di elevazione, cultura, strumenti pratici ma anche e di relazioni nutrienti e sane sulle
quali rigenitorializzarsi e ripartire. In questo senso fate attenzione anche ai terapeuti che scegliete,
non sempre carezze e silenzi sono ciò che vi occorre per guardarvi dentro, affidatevi a persone
che non siano altri bambini traumatizzati e arrabbiati mascherati da genitore adulto, che hanno
scelto questa strada per “elevarsi” al di sopra del LORO trauma, dal quale spesso ci si dissocia
aiutando gli altri. Un terapeuta SANO è un terapeuta che non si ritiene sano rispetto al suo
paziente, ma che ha lavorato per esserlo e non collude più con gli automatismi traumatici della sua
personalità. E’ una persona in costante terapia e lavoro su se stesso. Se poi il terapeuta è una
persona che non ha mai conosciuto la sofferenza chiedetegli voi dei soldi, perché siete voi che lo
state curando. 😀
Per maggiori info approfondite la conoscenza de “L’archetipo del guaritore ferito” per Jung:
http://www.psicologia-psicoterapia.it/articoli-psicoterapia/aion-jung-archetipo-guaritore-ferito.html 

Ecco alcune difficoltà tipiche che le persone affette da DPTS-C incontrano nelle relazioni:

  1. Idee controverse sulla convivenza e le relazioni in generale.
    Chi ha subito gravi traumi spesso ha bisogno di stare solo, (anche se non lo avverte
    consciamente), ha bisogno di drenare le esperienze emotive vissute, passa dalla necessità di
    contatto a quella dissociativa, nella quale recupera l’integrità del suo Io, ecco perché da un lato
    potrebbe desiderare un salto di qualità nella relazione, dall’altro vederlo come un limite o una
    “costrizione”. Tale dimensione della costrizione rimanda alla dinamica isterico-fobica dell’aver
    percepito un controllo eccessivo da parte dei genitori o al contrario avendo vissuto nel totale
    abbandono, la presenza costante può essere percepita come eccessivamente invadente. Il sonno
    poi è spesso disturbato leggero, per questo dormire con un’altra persona adeguandosi anche alle
    sue esigenze, sentirsi in colpa perché ci si sveglia spesso e si ha paura di svegliare l’altro può
    aggravare le condizioni psico-fisiche del traumatizzato in termini di ansia. Le routines casalinghe
    possono rimandare al vissuto infantile di dominazione, trauma, costrizione da parte di un genitore
    e condurre il traumatizzato in uno stato di diffidenza controllante o di iper-vigilanza. In generale,
    esiste un conflitto isterico interno tra la naturale esigenza dell’essere umano di entrare in relazione
    e la ricerca di una salvezza che in questo senso è insita nella relazione stessa come percezione di
    “pericolo” (conflitto appartenenza-individuazione). Ecco quindi che se ti desidero, posso avere rabbia e sensi di colpa perché da un alto sento l’esigenza di te, dall’altro (inconsciamente) ti vedo come un potenziale pericolo e mi sento in colpa, preoccupato o arrabbiato per questo. Il risultato
    potrebbero essere razionalizzazioni dei comportamenti dell’altro, diffidenza, svalutazione,
    ideazione paranoide sul partner (lo ha fatto perché è cattivo con me) tutto mirato a distaccarsi da
    ciò che vorremmo e a generare un conflitto vero, questo paradossalmente ci rassicura perché
    siamo abituati alla delusione e al dolore non alla felicità. anzi spesso i comportamenti carini i
    momenti di gioia, li abbiamo collegati ai peggior tradimenti da parte degli offender (parte oi familiari
    che siano stati) e per questo la felicità è uguale a PERICOLO. Essere felici oggi poi, potrebbe farci
    capire quanto male ci hanno fatto e quindi ogni emozione positiva o negativa riattiva le ferite del
    passato.
  2. Paura dell’Intimità
    L’ambivalenza rispetto all’intimità emotiva e sessuale è simile a quella relativa alla convivenza. Io
    desidero abbandonarmi all’altro, ma poi ho paura che questo “abbandono” mi rimetta in una
    condizione di vulnerabilità simile a quella sperimentata durante l’infanzia. Ecco quindi che il
    desiderio può essere vissuto come un pericolo. La gioia sessuale può essere stata registrata come
    qualcosa di sporco, di sbagliato e compromettente. Se i traumi quindi, sono di natura sessuale il
    partner che lotta con il suo DPTS-C potrebbe necessitare di molto più tempo per lasciarsi andare e
    spesso si rivela opportuna una terapia mirata.
  3. Mancanza di Fiducia
    Chi ha subito un grave trauma (soprattutto durante l’infanzia) da parte delle persone che amava e
    di cui si fidava, non riesce a stabilire una vera e propria relazione di fiducia con l’altro. Non dipende
    dai comportamenti del partner, ma dal livello di iper-vigilanza e sfiducia nelle relazioni che è stato
    registrato in infanzia o a seguito di ripetute esperienze negative. Queste tracce memoniche sono
    sedimentate nelle aree emotive ed arcaiche del cervello per questo anche la più razionale delle
    visioni dell’altro non riesce a vincere contro la sfiducia di base. Questa va gestita in terapia e si
    possono strutturare delle modalità di interazione che permettano al traumatizzato di acquisire
    sicurezza senza offendere l’altro o minare la relazione con attacchi di ansia e di paranoia.
  4. Esplosioni emotive incontrollate
    Quando la lettura degli eventi esterni o un gesto da parte dell’altro riporta alla paura di rivivere il trauma, possono verificarsi scatti di ira, attacchi di ansia e altre esplosioni emotive incontrollate. Queste hanno chiaramente una valenza indiretta di “vedere se ci si sbaglia” per acquisire sicurezza, ma è come se chiaramente chiedessimo di essere rassicurati urlando in faccia a qualcuno o tirandogli delle bombe. L’altro che magari aveva anche torto, passa automaticamente in una posizione di difesa e si rischia paradossalmente di non poter accedere a una dimensione di astrazione, dialogo sui sentimenti e le emozioni, restando intrappolati sulla dinamica del momento. Se tuttavia il nostro partner è un/una NP (narcisista patologico) fate molta attenzione perché questi scoppi in realtà sono provocati intenzionalmente con lo scopo di dimostrare che siete pazzi e in tal senso acquisire maggiore potere su di voi e nel contempo la medaglia di colui/colei che sopporta di più nella coppia. Ecco perché chi soffre di DPTS-C deve stare lontano dai narcisisti sebbene siano loro a cercare questi partner perché attratti dal loro potere emotivo reattivo di cui si nutrono.
  5. Distacco Emotivo
    Il distacco emotivo può essere il risultato della dissociazione. Le persone che soffrono a seguito di
    un TC (trauma Complesso) hanno anche la costante sensazione di ALIENAZIONE EMOTIVA, non
    si sentono mai veramente capiti. Per loro, nessun estraneo potrà mai capire cosa hanno
    sopportato e come questo li ha segnati. Di conseguenza, possono stabilire limiti molto rigidi che
    ostacoleranno la crescita della relazione. Ciò ha a che fare anche con la dissociazione, la difesa
    post-traumatica per eccellenza.

..”Di fronte a un pericolo si attivano in noi 4 risposte del sistema di difesa: freezing (congelamento),
fight (attacco), flight (fuga), faint (svenimento/distacco). Il freezing è un’immobilità tonica che
permette di non farsi vedere dal predatore mentre si valuta quale strategia (attacco o fuga) sia la
più adatta per la situazione specifica. Quando nessuna di queste strategie sembra avere qualche
possibilità di riuscita l’unica ed estrema risposta possibile è il faint, la brusca ed estrema riduzione
del tono muscolare accompagnata da una disconnessione fra i centri superiori e quelli inferiori. E’
una simulazione di morte, ovviamente automatica e non consapevole, perché in genere i predatori
preferiscono prede vive. In questa situazione, per mezzo di attivazione del sistema dorso-vagale,
vi è un distacco dall’esperienza e sono possibili sintomi dissociativi. Se, come accade negli
individui con sviluppo traumatico, l’attivazione del sistema di difesa perdura a lungo, questa
attivazione si trasforma da risposta evolutivamente adattativa a risposta disadattativa, perché
impedisce un normale esercizio della metacognizione ed in generale delle funzioni superiori della
coscienza, non permettendo l’integrazione di quella memoria traumatica che rimane, tuttavia,
iscritta nel corpo (Tagliavini, 2011). Le esperienze traumatiche disgregano le funzioni integratrici
superiori. La disgregazione porta dunque al manifestarsi di fenomeni dissociativi e i sintomi
dissociativi (di distacco/ di compartimentazione) ne sono il risultato. Negli ultimi anni si è a lungo
discusso sul ruolo adattivo della dissociazione nel trauma. L’ipotesi più diffusa sembra essere
quella che vede i sintomi dissociativi come protettivi rispetto al trauma, altri autori sostengono che
la dissociazione sia disgregazione di coscienza e intersoggettività a cui segue, come fenomeno
secondario e spesso fallace, la protezione dal dolore (Liotti e Farina, 2011). Inoltre la dissociazione
non solo non sarebbe una protezione dal dolore, ma un’esperienza al limite dell’annichilimento,
dalla quale la mente deve difendersi per non sprofondare nell’abisso.” …. Per saperne di più:
https://www.stateofmind.it/dissociazione/

traumi

Dottoressa Silvia Michelini