Secondo le neuroscienze, le tipiche risposte al trauma sono l’attacco, la fuga e l’immobilizzazione (freezing).
Nell’istante in cui il cervello percepisce un pericolo, attiva il sistema simpatico, si innescano una serie di modificazioni fisiologiche (aumento del battito cardiaco, dilatazione delle pupille, etc..), e il nostro corpo richiama tutta l’energia necessaria per agire ai fini della sopravvivenza.
Se le risposte comportamentali attivate dal nostro cervello arcaico, trovano utilità e cioè riusciamo a scappare/attaccare per scampare il pericolo imminente, il nostro cervello si rilassa e il corpo riprende la sua naturale attività a riposo. (sistema parasimpatico).
Se però per qualche motivo (sociale, culturale o di altra natura), non possiamo reagire come vorremmo o come il nostro istinto ci suggerisce, si verifica una condizione di “stallo del pericolo percepito”.
Cosa succede pertanto nel caso del trauma multiplo o complesso? lo stimolo traumatico si ripresenta sistematicamente alla persona senza che questa possa realmente scappare o difendersi.
Il nostro sistema nervoso resta perennemente in allerta e mantiene attivi i circuiti di ipervigilanza, senza però che il corpo possa scaricare tutti i neurotrasmettitori, che ha messo in circolo quando è stato esposto al pericolo; si determina pertanto un sovraccarico energetico alla cui base vi è la dissociazione (la mente si disconnette qualche minuto prima che l’evento traumatico si verifica).
Chi è sopravvissuto ad un trauma complesso o è costretto a vivere in una condizione micro-traumatica perenne, (trauma cumulativo o multiplo) è come se restasse “bloccato” in una fase di questo processo reattivo e in particolare in una delle tre tipiche risposte a una minaccia di morte imminente (percepita in modo costante).
Blocco in Attacco/Fight Response
C’è chi resta bloccato nella risposta di attacco, prova un senso di rabbia cronica e manifesta la tendenza a reagire in modo violento ad ogni minima provocazione.
Blocco nella Fuga/Flight Response
C’è chi resta bloccato nel meccanismo di fuga e sceglie come difesa l’evitamento del conflitto e con esso quindi la fuga (fuga nei pensieri, nel lavoro, nella musica… etc..).
Blocco nell’immobilità/Freeze Response
C’è chi resta bloccato e basta, non riuscendo a concludere più nulla nella vita (freezing – immobilizzazione).
A quanto pare però esiste anche un’altra risposta tipica a queste condizioni traumatiche, il cosiddetto FAWNING.
Pete Walker, un terapista sopravvissuto al trauma complesso e specializzatosi nel C-PTSD (https://www.psychotherapy.net/article/complex-ptsd-walker-book) ha individuato una quarta risposta al trauma complesso, che si manifesta negli adulti che sono stati un tempo – bambini abusati (a livello psicologico, affettivo, emotivo o/e fisico).
Secondo questo studioso, chi (in età adulta) “sceglie” la difesa aggressiva (fight response) intende salvaguardare ad ogni costo la sua sopravvivenza. Questa esigenza di controllo su sé stesso e sugli altri deriva dalla sensazione di essere stati abbandonati ed esposti al pericolo durante l’infanzia.
La “corazza” del combattente (del guerriero) è quella di chi non accetta la propria o altrui debolezza poiché potrebbe esporlo/esporli ad una nuova minaccia di morte.
I combattenti sono perfezionisti, controllanti, intransigenti, collerici, ipersensibili, solitari e impietosi nel giudizio di sé stessi e degli altri.
Anche gli evitanti, che scelgono quindi la strategia della fuga, sono perfezionisti, ma al contrario dei combattenti manifestano una forma masochistica di precisione, ai limiti del maniacale; il loro temperamento è mite, sono eternamente impegnati… (spesso dipendenti dal loro lavoro o divorati da una passione) non hanno mai tempo per niente e nessuno, ma questi impegni sono un modo per non socializzare e per chiudersi in sé stessi.
Il perfezionismo (condotte ossessivo compulsive) è un modo per sentirsi “al sicuro”, accettati e degni di amore, di quell’amore che probabilmente qualche genitore severo e anaffettivo ha negato loro, perché lui/lei “non era mai abbastanza” e tutto quello che faceva o avrebbe potuto fare, non era mai sufficiente a strappar loro un sorriso, un abbraccio o un senso di approvazione.
Le condotte di attacco, fuga o freezing possono anche presentarsi in contemporanea, una persona può manifestare l’una o l’altra a seconda dell’evento che si trova a fronteggiare.
Chi resta bloccato nell’immobilità, si rifugia nella solitudine, nelle fantasie e nei sogni, si dissocia letteralmente da sé stesso e dalla realtà, tende a non socializzare, a non imbarcarsi in nessuna attività o progetto perché tanto fallirebbe o lo/la costringerebbe a far parte di quella realtà dalla quale faticosamente si è distaccato/a.
La quarta risposta: il compiacimento cronico o “devozione”.
Walker considera la tendenza a sintonizzarsi perfettamente sugli altri (eccesso di empatia), l’eccessiva sottomissione e compiacimento degli altri una modalità relazionale tossica che un individuo manifesta in risposta ad un grave trauma affettivo.
Le persone eternamente compiacenti, affabili e disponibili ai limiti del masochismo cercano di adattarsi forzatamente alle esigenze degli altri nella speranza di essere “visti”, accettati e amati.
In particolare, queste persone ritengono che anche il più egoista, anaffettivo dei partner o amico, se “trattato bene” riconoscerà il suo valore di vittima compiacente e gli aprirà il suo cuore.
I masochisti relazionali sperano ancora oggi che i loro genitori si accorgano del loro valore, per questo intercettano nell’ambiente altre persone anaffettive e svalutanti al fine di riproporre lo scenario traumatico infantile e superarlo.
I co-dipendenti affettivi si “riparano” dietro gli altri e per questo, in memoria di un genitore idealizzato e inarrivabile, cercano oggi un Dio severo da adorare, cosi come un cane abbandonato cerca un padrone senza però avere le competenze per capire chi ha di fronte e per mettere dei confini tra sé stesso e l’altro.
Il masochista affettivo mette le sue esigenze sempre dopo quelle degli altri, perché ha imparato che il prezzo da pagare in una relazione è quello di non esistere in termini di diritti, preferenze o valore.
Di seguito la lista dei “sintomi” del Fawning (devozione o compiacimento cronico dell’altro), che sono anche più visibili quando la persona è sotto stress.
- Compiacimento e sintonizzazione eccessiva sull’altro.
- Difficoltà ad esprimere le proprie opinioni o sentimenti.
- Preoccuparsi ed occuparsi degli altri fino a stare male, deprimersi fisicamente o mentalmente
- Non essere capace di dire NO quando qualcuno chiede aiuto
- Scarsa autostima
- Tendenza a voler evitare i conflitti e per questo a “fingere” che vada sempre tutto bene
- Percezione di un vantaggio futuro nel conformarsi sull’altro e sulle sue esigenze emotive, psicologiche o formali.
I masochisti affettivi hanno certamente subito il trattamento del silenzio punitivo durante l’infanzia o sono reduci da trauma importanti di abuso da parte dei loro genitori; oggi sono prede facili di abusanti, combattenti, partner manipolatori, anaffettivi, controllanti e tossici.
Chi sceglie la “devozione” al padrone come strada per la salvezza, ha percepito durante l’infanzia l’assoluta inutilità di lottare e l’ impossibilità di scappare, per questo, come nella “sindrome di stoccolma” si cronicizza sul “pleasing” come modalità di sopravvivenza.
SINTONIZZARSI SULL’ALTRO, sul suo piacere e sulle sue esigenze, intercettarne sottilmente ogni umore, intenzione o volontà e PRECEDERLO è un handicap che richiama ad un antico dolore e oggi è il tuo talento e la tua schiavitù.
SE TI SEI RICONOSCIUTO NEL PROFILO DEL DIPENDENTE AFFETTIVO NON TEMERE NON SEI SOLO.
Anche gli psicoterapeuti e altri professionisti nell’ambito della salute e del benessere altrui, sono spesso ex abusati e traumatizzati, (che lo ammettano o meno), che hanno il solo merito di aver “trasformato” questo handicap in un dono, che decidono di mettere al servizio degli altri…
Dott.ssa Silvia Michelini
Buongiorno dottoressa, le volevo dire che io mi sono riconosciuta come una masochista affettiva, moglie di un narcisista patologico, cosa posso fare per venirne fuori?
Buongiorno Dottoressa, noi abbiamo un’amica che soffre di fawning. Stiamo cominciando a capire cosa sta succedendo. È una situazione molto grave. Siamo preoccupate x lei è di quelli che potrebbe fare.. può portare al suicidio? O altro? Come possiamo convincerla di essere ammalata e in pericolo? E di cercare aiuto? Esiste un suo libro a proposito che possiamo regalare?