3 CONDIZIONI CHE DEVI ACCETTARE SE DECIDI DI MANTENERE LA TUA RELAZIONE CON UN/UNA NARCISISTA
Ricordati che “l’uso e l’abuso “di narciso” comporta alcuni importanti side-effects, dapprima leggeri, poi cronici, ai quali farai fronte anche qualora decidessi di staccarti definitivamente da lui/lei. Questo tipo di “sindromi” ti restano attaccate per un po’ o per sempre (se non le rendi consapevoli e non ti impegni per osservarle come TUE responsabilità oltre che sue), come una sorta di automatismo, il vampiro morde te e tu entri in una sorta di ”incantesimo dopante”.

- LA SINDROME DI STOCCOLMA
La sindrome di Stoccolma è una condizione psicologica disfunzionale nella quale la vittima di un rapimento, una violenza o di un abuso in generale – si lega emotivamente al suo abusatore. Vivere una relazione con un/una narcisista equivale (in termini di stress post-traumatico) ad avere affrontato una guerra. Da un lato siete terrorizzati e vorreste uscirne, dall’altro vi sentite ancora “perennemente immersi ed attratti dall’orrore” dalla sfida, dall’abitudine, dall’adrenalina che certe situazioni scatenano. Le condizioni post-traumatiche (sintomi, idee, atteggiamenti, paure, modi di fare…) possono durare anni ed esporti a nuove ritraumatizzazioni, viste come vaghe speranze di colmare il vuoto di una sostanza con una meno tossica o sfortunatamente a volte – anche di più. La vittima della sindrome di Stoccolma non vuole rinunciare alla sua “fattanza”, perché sente che solo somministrandosi quella dose potrà sedare i pensieri intrusivi e l’ansia di una crisi di panico… ma la vittima non si rende conto (cosi come un tossicodipendente crede di fare fronte alla sostanza che assume) che è proprio la sostanza a danneggiarla/o.

- DISSONANZA COGNITIVA: La dissonanza cognitiva si verifica quando nella nostra mente, abbiamo due immagini ambivalenti di una persona. Da un lato il partner narcisista ci fa stare bene, “si concede” (tanto all’inizio e successivamente a tratti), ma per “arrivare a quella condizione” mi mette in condizione di dover annientare me stesso/a. Attraverso il gaslighting, la manipolazione e il rinforzo intermittente i narcisisti generano una sorta di freezing nel partner… “mi vuoi”? e allora dimentica di avere dei diritti…aprimi i tuoi confini, annullati e soprattutto “non vedere” e “non sentire” più emotivamente quelle parti di te stessa che sono state ferite dalla mia parte malevola e punitiva… tanto quella parte esce per colpa tua!!!. Ecco quindi che il partner, per godersi quel momento di “hype”, tra l’altro sempre meno soddisfacente o durevole se la relazione passa alla fase di svalutazione, annienta sé stesso e si fissa solo sulle parti idealizzate del partner. Durante conflitti e crisi, prova a far valere sé stesso/a, ma presto “tornerà a cuccia nella sua stanzetta in attesa del padrone o della padrona”.

- RI-TRAUMATIZZAZIONE: Il nostro cervello ha una naturale tendenza a “chiudere dei cerchi e dei quesiti”. Se nel nostro passato abbiamo vissuto dei traumi affettivi o sessuali, in età adulta, ci sentiremo attratti da partner che ci riportano alle nostre ombre edipiche o alle nostre ferite traumatiche infantili, perché vogliamo superarle (…ieri ero fragile e impotente come bambino/a, oggi ce l’ho fatta, sto sfidando papà… mamma… etc. ).
Nella mia esperienza clinica ho potuto constatare che un attaccamento insicuro o disfunzionale coi propri care-giver/genitori ovvero la “familiarità” all’abuso narcisistico durante l’infanzia – è un predittore e un indicatore di rischio per l’insorgenza della dipendenza affettiva in età adulta. Paradossalmente anche se qualcosa o qualcuno ci ha fatto male in passato, rivivere oggi quelle sensazioni, attraverso un meccanismo di “rievocazione di memorie traumatiche”, (Freud parla di “coazione a ripetere”), ci “attiva” a livello emotivo (ormonale, sensorio, …etc.). Per questo ci “innamoriamo sempre della persona sbagliata”, perché il nostro cervello manda segnali erronei di “sicurezza” con persone che ci ricordano i nostri parenti disfunzionali, anche se razionalmente lo sappiamo. Il nostro cervello primitivo NO. Per guarire bisogna imparare a sostituire i segnali di sicurezza coi red-flags e riportare tutto su un piano razionale e per fare questo occorrono anni di allenamento o terapia.
Ecco, serve moltissima abilità per riuscire a vivere relazioni che originano dal transfert tra due traumatizzati (TRAUMA BONDING) senza incappare in tutti questi rischi. Anche i narcisisti sono co-dipendenti e soffrono alla fine, ma fanno anche soffrire… siamo tutti traumatizzati, alla ricerca di un “riscatto”, c’è chi sceglie (ovviamente a livello inconscio) di tenersi alla larga dai rischi e dalle emozioni (ossessivo evitante, paranoide o schizoide)… oppure amare di più per sperare di ricevere oggi ed essere riconosciuto/a (ambivalente- dipendente affettivo) e chi resta arrabbiato a vita e si “sfoga” oggi sui propri partner perché quel vuoto e quella ferita sono insanabili (evitante di tipo narcisistico paranoide o schizoide). Sta a noi TROVARE L’ADULTO al di sopra di questo caos emozionale, valutare rischi e pericolo sulla base della “gravità” di questo legame e dalla sua opportunità di crescita o di stallo.
Dottoressa Silvia Michelini


E quindi da empatici con dipendenze affettive non se ne esce vivi….chiedo per me
Passo da una madre narcisista ad un marito narcisista….. Mi chiudo in un convento???
No li mandi affanculo entrambi.
È quello che sto riuscendo a fare io
Grazie Dottoressa
Buongiorno, nel 2004 ricevo una lettera da una ragazza conosciuta al mare 4 anni prima e con cui ci eravamo scambiati qualche sorriso, brevi frasi di circostanza e gli indirizzi. Una tenera lettera un po’ infantile ma da cui emergeva una richiesta di dialogo e di aiuto. Iniziamo a scriverci via email, a sentirci al telefono. Ci vediamo dopo qualche tempo. Passiamo dei giorni travolgenti insieme, amore incondizionato e totale. Rientrati nelle nostre città di origine, cambia completamente il suo atteggiamento, evasiva, spesso non risponde al telefono e alle mail. Alle mie insistenze e alla confusione in cui ero precipitato risponde con SMS: vivo da anni sul baratro dei disturbi alimentari, sto male, lasciami stare, addio. Ci sentiamo di tanto in tanto, a volte mi scrive cose bruttissime, in alcuni periodi sta male, perde il ciclo, è diventata magrissima. Cerco di aiutarla, entro in un gruppo di aiuto per disturbi alimentari per capire come comportarmi. Le trovo un aiuto psicologico a cui si rivolge e da cui trae subito beneficio. Ci ritroviamo 2 anni dopo, iniziamo a frequentarci di nuovo ad ogni w end. Un anno dopo andiamo a vivere insieme, lei bellissima e fragile io innamorato perso. Da quel momento è iniziato un matrimonio difficile, fatto di controllo , di lamentele sulla mia scarsa presenza in casa per il tipo di lavoro, sul sindacare un po’ su tutto. Ha insistito tanto per avere dei figli (ne abbiamo avuti 2) mentre io ero molto titubante per le sue fragilità. Col primo figlio è andata malissimo, ha smesso di allattare volontariamente e iniziato ad odiare il rapporto difficile che è seguito tra madre e figlio (che aveva idealizzato come in una fiaba). In quel periodo abbiamo intrapreso una iniziativa imprenditoriale insieme dove io cercavo di guidare alcune scelte (avendo esperienza) e lei seguiva la parte creativa. Ha iniziato a lavorare alla distruzione di questa cosa che pure aveva avuto un ottimo riscontro. Distrutta. Stessa cosa con un’altra iniziativa invidiata da tutti con grandi potenzialità. Anche questa distrutta volontariamente (perché non sua e perché quasi imposta). Intanto mi ero accorto che già dai primi mesi di convivenza, sui social, intratteneva chat con altre persone,l (quasi sempre uomini) che riempiendola di complimenti la gratificavano. Negli anni questo atteggiamento è continuato fino ad avere delle storie amorose in chat che ho dovuto interrompere con delle scenate furiose. Ha insistito per il secondo figlio nonostante le mie perplessità. Ho accettato sempre più il suo ruolo dominante ed escludente il mio ramo familiare, le mie amicizie, il mio lavoro. Di recente alla notizia di una mia importante svolta lavorativa in ambito universitario, è sbottata in una scenata denigratoria. Da anni non pubblica una foto della nostra famiglia (tutti e 4) ma solo sue o di lei con i bambini. Non ha mai voluto condividere i social (non siamo amici su fb e gli altri social) e alimenta con i suoi conoscenti mediante foto, commenti, post una sua situazione vittimistica e di sofferenza. Qualche settimana fa sono rimasto molto turbato dal risultato di una visita medica che mi prospettava la possibilità di un tumore. Le ho espresso tutto il mio turbamento e la sera è uscita per una serata con i suoi amici rientrando alle 4 del mattino e ignorando completamente il mio stato di’animo nei giorni successivi. È sempre lei che sta male e in sofferenza, gli altri per lei sembrano non esistere. A questo punto mi sono ritirato in me stesso, l’ho ignorata perché mi ha davvero messo al tappeto. Questa mia indifferenza e il rifiuto di ogni contatto nelle ultime settimane l’ha convinta che “non sono l’uomo per lei, non lo sono mai stato, dobbiamo separarci”. Non ho potuto che annuire perché davvero non credo ci siano altre strade da percorrere.